Arti Marziali e Spiritualità

In tutto il mondo e in tutte le epoche, la nascita delle discipline di combattimento è strettamente legata alle tradizioni culturali dei popoli dai quali queste sono sorte. Pensiamo, ad esempio, alla lotta greco-romana, al pugilato, alla scherma.

In oriente le arti marziali sono state legate a pratiche spirituali proprie della tradizione Buddhista e Taoista. 

Ma come si concilia il comportamento non violento alla base di queste filosofie con la pratica di un’arte destinata al combattimento?

Per trovare una risposta, il maestro Gaetano Lauria e Gianluca Pantano hanno rivolto la domanda al loro Maestro Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche.

TAOISMO, BUDDHISMO E KUNG FU

Perché, dunque, discipline che insegnano a combattere sono state adottate da persone che predicano la non violenza?

Ad esempio si dice che il Tai Chi sia nato sul monte Wu Tang in Cina, luogo importante sia per i Taoisti sia per i Buddhisti.

DIFESA DEL CORPO E SVILUPPO DELLA MENTE

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche

Anticamente, ad esempio in Cina, i monaci vivevano isolati in aree di montagna e spesso dovevano affrontare animali selvatici. I movimenti che usavano servivano a difendersi da quei pericoli esteriori. 

Ma nelle arti marziali il movimento esteriore ha soprattutto lo scopo di aiutare il nostro pensiero, la nostra mente. 

Tutti i movimenti delle arti marziali aiutano a sviluppare qualità interiori come la concentrazione.

Il motivo per cui, in oriente, c’è stata questa unione è che le discipline spirituali come il Buddismo mirano alla sconfitta dei nostri nemici interiori, quelle che noi chiamiamo “afflizioni mentali”.

Le arti marziali usano i movimenti esteriori principalmente per raggiungere lo stesso scopo. Come si sa, i movimenti del Tai Chi non devono essere eseguiti in modo distratto, ogni gesto ha la massima importanza e questo aiuta a sviluppare la concentrazione e eliminare la distrazione. In questo senso l’arte marziale diventa una pratica spirituale per sconfiggere i nemici interiori.

L’IMPORTANZA DI COLTIVARE IL CHI

Maestro Lauria

Il mio maestro cinese Chang Dsu Yao era solito ripetere un’istruzione in forma di proverbio: “dove c’è la mente c’è l’aria, dove c’è aria c’è forza (Yi tao chi tao, chi tao li tao)”.

Dopo aver incontrato il Buddhismo, ho notato molte similitudini tra questa massima e la spiegazione della pratica del Tantra. Ho praticato diverse arti marziali, e molte istruzioni che ho ricevuto le ho ritrovate poi nelle pratiche spirituali. Qualche maestro giapponese, ad esempio, dice di pensare al corpo vuoto, così l’aria può riempirlo e muoverlo. (ritroviamo delle istruzioni analoghe in alcune pratiche spirituali – ndr).

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche

Quando parliamo di Chi, parliamo di “vento” o “aria sottile”, che viene sviluppata attraverso la concentrazione della mente. Attraverso i movimenti del corpo si stimola la circolazione dell’aria sottile e questa, a sua volta, ha il completo controllo del corpo e dei nervi. L’aria sottile è potente, tutti i movimenti dipendono da essa, come anche tutto quello che vediamo ogni giorno nel mondo, la tecnologia. Tutto dipende dall’aria.

Si dice che chi ha il completo controllo dell’aria sottile possa fare cose eccezionali, come volare e muovere oggetti senza toccarli. Questa energia può essere usata anche per curare se stessi e gli altri. Dubito però che chi abbia queste capacità le usi per mettersi in mostra su youtube. Quelli che lo fanno mettono in scena uno show.

Scherzi a parte: queste tecniche spirituali per coltivare il Chi esistevano prima delle arti marziali. Il concetto che sta alla base di tutto è quello di far lavorare il corpo all’esterno insieme alla concentrazione all’interno. L’unione di queste due pratiche è ciò che produce i benefici delle arti marziali. Il solo movimento fisico fa bene alla salute, ma è limitato ad essa.

FAR SORGERE LA MENTE SOTTILE

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

Rispetto alla massima trasmessa dal Maestro Chang Dsu Diao: “dove c’è la mente c’è l’aria”, nella pratica tantrica l’aria è paragonata ad un cavallo e la mente sottile al cavaliere che lo guida. Dobbiamo però tenere presente che la mente concettuale non funziona così. Essa pensa razionalmente, ma l’aria non si muove. L’aria è legata alla mente sottile e la mente sottile è sempre insieme all’aria. La mente concettuale, da sola, non funziona. Per questo la pratica delle arti marziali ha lo scopo di far cessare la mente concettuale – più grossolana – per far sorgere la mente sottile e sviluppare l’aria.

PRATICHE SPIRITUALI NELLE ARTI MARZIALI

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

Quando concentriamo la nostra mente sul vaso (analogamente nel Chi Kung ci si concentra sul Tan Tien – ndr) all’inizio lo facciamo usando la nostra mente concettuale. Grazie a questo esercizio la mente concettuale, più grossolana, cessa e la mente sottile comincia a lavorare. A quel punto è la mente sottile stessa che entra nel vaso insieme all’aria sottile.

All’inizio dobbiamo per forza usare la mente concettuale per concentrarci. Dobbiamo fare esercizi usando questa mente ma, pian piano, aumentando la concentrazione, essa cessa per lasciare spazio alla mente sottile. Quando usiamo la mente concettuale, gli oggetti di concentrazione ci appaiono separati da noi. È come se la nostra mente fosse da una parte e l’oggetto dall’altra. Quando, ad esempio, pensiamo al vaso dentro di noi, la nostra mente concettuale vede il vaso in una certa posizione, come un oggetto separato da noi.

L’esperienza della mente sottile non è così. Tu sei proprio lì.

È come in un sogno (momento in cui è attiva una mente sottile – ndr). Ti trovi proprio dentro il sogno, non ti vedi separato da quello che accade.

Usare la mente concettuale è come guardare la televisione, mentre usare la mente sottile è come vivere dentro un sogno: in un breve tempo puoi vivere tutta una vita perché la mente sottile non ha bisogno del tempo per funzionare, mentre la mente concettuale non può farne a meno. 

La mente sottile non usa il tempo. In una sola notte può aver viaggiato per tutto il mondo. E questo vale per tutte le cose, non solo per gli spostamenti.

Gianluca Pantano

Zan Zuang e Chi Kung sono pratiche spirituali?

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

Sì, per far sorgere la mente sottile e far cessare la mente concettuale e la mente grossolana.

Maestro Gaetano Lauria 

Ho sempre pensato a Zan Zuang e Chi Kung come pratiche per quelle persone a cui non piace studiare filosofia o seguire un sentiero spirituale. Praticando un’arte marziale completa si può ugualmente imparare a controllare l’aria e sviluppare anche qualità spirituali.

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

È vero, queste pratiche possono aiutare. Spesso, quando si parla di pratica spirituale le persone si allontanano, non sono interessate. Diversamente, quando parliamo di arti marziali le persone sono più aperte.

Quindi alcuni vanno in un tempio a pregare mentre altri fanno arti marziali. È un po’ più divertente, ma la destinazione finale è la stessa.

L’arte marziale non è così dura, così stretta, come una pratica spirituale. Non devi andare in un certo luogo e recitare una certa sadhana; si tratta di una situazione più aperta e le persone possono utilizzare questa strada per raggiungere un certo livello.

L’IMPORTANZA DELLA MOTIVAZIONE

Gianluca Pantano 

L’approccio, la motivazione che spinge ad accostarsi ad un’arte marziale è fondamentale per poter accedere a tutti i benefici che essa può portare.

Mi chiedo quando e come poter introdurre questo discorso agli allievi? È facile trovare persone che si avvicinano alle arti marziali solo per ottenere le conoscenze per sconfiggere gli altri, per danneggiarli. 

Maestro Gaetano Lauria 

Un maestro coreano che incontrai quarant’anni fa, uno dei primi a portare in Italia il Kung Fu, pratica Pa Kua, una tecnica basata sul camminare e associata all’elemento dell’acqua. Lui diceva che, per quanto un avversario possa essere forte, se ti sposti e non ti fai colpire, la sua forza non può danneggiarti.

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

Una buona idea. Se i nostri nemici non possono danneggiarci, allora li abbiamo sconfitti senza danneggiarli a loro volta. Riguardo alla motivazione iniziale, le arti marziali non possono essere insegnate a chiunque. Occorre invece analizzare bene la motivazione iniziale del praticante.

L’arte marziale ha il compito di calmare noi stessi, calmare la mente, combattere la nostra tendenza a distrarci e le nostre emozioni negative, quella di difendersi dagli altri dovrebbe essere una motivazione extra. Nel monastero Shaolin non si insegnava tutto a tutti. I maestri controllavano l’allievo, le motivazioni della sua venuta e della sua volontà di imparare il Kung Fu.

Prima di aver compreso la reale motivazione dell’allievo è meglio non entrare nei dettagli delle tecniche, soprattutto di quelle più efficaci. 
(Questa era prassi in tutte le scuole, soprattutto quelle di arti marziali “interne”. Non è che le arti marziali tradizionali non siano efficaci… non è detto che chi le insegna abbia ricevuto TUTTE le istruzioni. Chi pratica Tai Chi ed Aikido ad esempio sa dove si studiano i colpi in queste discipline – ndr).

Maestro Gaetano Lauria 

Nei nostri corsi, abbiamo una sorta di filtro: all’inizio, per almeno sei mesi, insegniamo i fondamentali. Sono come l’alfabeto e occorre ripetere ogni esercizio fondamentale almeno mille volte prima di andare avanti con la pratica. Chi ha solo voglia di combattere sottovaluta questo allenamento e tende ad andare via. 

L’ATTEGGIAMENTO DEL MAESTRO

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

Nella pratica spirituale, si dice che “il Maestro non deve fare come il cane con il fegato”. Nella realtà, quando il cane vede il fegato lo mangia senza porsi il problema se è buono o velenoso, non analizza la situazione.

Con il discepolo, il Maestro deve controllare bene la sua motivazione e scegliere di insegnare alcune cose e altre no. 

A chi vuole imparare un’arte marziale solo per sconfiggere gli altri, a chi ha solo quel tipo di motivazione, è meglio non insegnare tecniche troppo efficaci, farebbe solo danni.  

Il motivo ultimo delle arti marziali non è infatti quello di distruggere i nemici esteriori. È importante, di tanto in tanto e senza fare lunghi discorsi, ricordare ai discepoli la motivazione che dovrebbe avere chi pratica un’arte marziale.

È importante insegnare non solo i movimenti, ma spiegare sempre la motivazione dell’arte marziale, soprattutto ai bambini che così, da adulti, avranno una sorta di esitazione nel fare qualcosa che può danneggiare gli altri. Prima di insegnare Kung Fu è meglio chiarire subito queste cose così chi non è d’accordo, chi ha motivazioni diverse, ha tutto chiaro fin da subito e può decidere di lasciare.

ACCETTARE LA SCONFITTA

Gianluca Pantano 

Un altro concetto che ho trovato nel Tai Chi che ho poi ritrovato negli insegnamenti Buddisti, è quello di accettazione della sconfitta. 

Maestro Gaetano Lauria 

Quando il Maestro Chen Man Chin, il primo a chiedere al suo maestro Yang Chen Fu di rendere pubblico il Tai Chi per la salute, spiegava le applicazioni pratiche di quest’arte marziale diceva che bisogna essere disposti a perdere. Nel Tai Chi, se accetti di poter essere colpito, se non hai paura di essere colpito, solo allora puoi schivare l’attacco e ritorcere la forza di questo attacco contro il tuo avversario, ad esempio sbilanciandolo e facendolo cadere.

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

Nel testo “Otto strofe dell’addestramento mentale” di Langri Tampa si parla di accettare la sconfitta e concedere la vittoria ad altri. Accettando la sconfitta, in realtà accade che la vittoria è nostra. Scegliamo di concedere la vittoria, ma la realtà è che siamo noi a vincere. È come l’esempio del Tai Chi: se non siamo colpiti da chi ci attacca, siamo noi a vincere. Nella pratica spirituale si dice anche accettare la sofferenza; questo non significa che dobbiamo soffrire, ma che dobbiamo accettare il fatto che la sofferenza esiste. Se cerchiamo di evitare la sofferenza, in realtà la aumentiamo. Accettando la sofferenza siamo in realtà felici.

Accettazione è vincere se stessi L’accettazione prevale su tutto. Accettazione è vincere noi stessi. Questo vale per le pratiche spirituali, per le arti marziali e per la vita quotidiana. L’accettazione è conclusiva, accettando che una cosa possa accadere finisce la paura di quella cosa.

Se quando accade qualcosa noi la accettiamo, chiudiamo la questione. Se qualcuno ci fa qualcosa e noi non l’accettiamo, lui continuerà a farla. Se invece accettiamo, chiudiamo la storia. Per questo l’accettazione è conclusiva. Accettare la sofferenza vuol dire conclusione della sofferenza.

Maestro Gaetano Lauria 

Un discorso molto chiaro, molto sottile, difficile da mettere in pratica….

Ven. Tenzin Khenrab Rinpoche 

Dipende dall’abitudine. Noi siamo abituati a reagire immediatamente e se reagiamo significa che non c’è accettazione. Accettare e reagire sono l’uno l’opposto dell’altro.